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Clementina
Benvenuti nel cuore pulsante della Puglia, dove ogni piatto racconta una storia, ogni tradizione è un viaggio nel tempo e la cultura locale si esprime attraverso i sapori autentici della nostra terra.
Pane pugliese


"Non si vive di solo pane," dice un proverbio. Ma per noi, qui nel Tavoliere e sul Gargano, il pane è stato vita, sostegno e, a volte, salvezza. Ha sfamato intere generazioni, ha raccontato storie di fatica e dedizione, e continua a profumare le nostre giornate, legando passato e presente come un filo invisibile.

Oggi voglio raccontarvi non solo di come si faceva il pane una volta, ma anche del legame profondo tra il nostro pane e un' azienda del cuore che non posso non annoverare nel mio blog : il Panificio Cavorsi di San Giovanni Rotondo. Ma partiamo dall’inizio ...

Pane e Tavoliere: La ricchezza del grano


In passato, il Tavoliere e il Gargano si distinguevano come territori vocati alla coltivazione del grano tenero, da cui si ottenevano farine pregiate come la Maiorca, la Bianchetta, la Risciola e il Frassineto.

A sud, nelle zone di Altamura e Gravina, prevaleva invece la coltivazione del grano duro, dal caratteristico colore dorato, rinomato per la produzione del celebre pane giallo. Ogni area portava con sé sapori unici e distintivi, ma il pane, in tutte le sue declinazioni, restava il protagonista indiscusso della tavola.

Non esistevano snack o merendine: il pane era lo spuntino di ogni bambino, il pranzo di chi lavorava nei campi e la cena di chi tornava stanco a casa. Le pagnotte potevano pesare  anche sei kg e bastavano per giorni. Il pane non era un contorno, ma la base di ogni pasto: pane e pomodoro, pancotto con le patate, martinese con i ceci e fagioli, pane e cicorie, pane e fichi o pane fritto, oppure semplicemente una fetta con zucchero e olio.


Il rituale del forno: Tra fatica e comunità



Anticamente, il pane veniva preparato in casa, ma la cottura avveniva nei forni del paese. Si preparava generalmente una volta a settimana, o anche più frequentemente, organizzandosi con turni per l’infornata. Quante notti insonni sono state trascorse per preparare il pane! Poteva capitare di infornare anche di notte, poiché i forni non riuscivano a soddisfare le esigenze di tutti.

La preparazione, tuttavia, iniziava con largo anticipo. Si cuocevano alcune patate, che venivano aggiunte all’impasto per renderlo più morbido e saporito. Il lievito madre veniva rinforzato aggiungendo farina, formando una "pagnotta madre" che sarebbe servita per far lievitare l’impasto successivo. Questa massa veniva lasciata riposare per molte ore, coperta da un panno, sulla spianatoia.

Ogni famiglia aveva un orario prestabilito per infornare, ma era il fornaio a passare di casa in casa per avvisare. La sua prima visita segnava l’inizio della preparazione dell’impasto:

"È ora di prepararsi."

Al suo richiamo, le donne accendevano il fuoco sotto la pentola di rame per scaldare l’acqua, indispensabile per iniziare l’impasto. Questo momento segnava l’avvio di un rito antico, fatto di gesti precisi e di una dedizione tramandata di generazione in generazione.

In cucina, il calore si diffondeva lentamente, mentre la grande "fazzatora", un contenitore di legno simile a una culla e cuore pulsante della casa, veniva riempita con il lievito, la farina e l’acqua calda. L’impasto veniva lavorato con forza e dedizione per due lunghe ore, con i pugni stretti e movimenti cadenzati. Il suono ritmico delle mani che battevano sulla massa scandiva il tempo, fino a ottenere una pasta morbida e compatta. Una volta pronta, veniva coperta con tovaglie e coperte per lasciarla lievitare al caldo.

Dopo un po’ di tempo, il fornaio passava una seconda volta per avvisare: "Ué, iniziate a resinare!"
Resinare significava tagliare l’impasto in forme, pronte per essere messe nei cestini e lasciate a lievitare ancora un po’ prima della cottura.

Infine, il fornaio tornava per ritirare i cesti di pane ormai lievitati. I cesti venivano posati su lunghe tavole e portati al forno. Prima del pane, si cuoceva la pizza, approfittando del calore iniziale del forno. Si preparava la pizza col pomodoro e la pizza alla vampa, cotta direttamente sul pavimento del forno, dove la fiamma viva la rendeva croccante e profumata.

Pane pugliese


 Il Panificio Cavorsi: Un forno che ha sfamato il paese


Con il passare del tempo, la tradizione del pane fatto in casa ha gradualmente lasciato spazio ai panettieri, che hanno semplificato la vita delle famiglie. 
Tra i tanti forni che hanno mantenuto viva la tradizione del pane, il Panificio Cavorsi si distingue per la sua storia e il profondo legame con la comunità.

Fondato nel 1948, il Panificio Cavorsi è diventato un autentico simbolo di dedizione e amore per il territorio, rappresentando una vera e propria istituzione a San Giovanni Rotondo. Da quasi ottant'anni, questo forno non solo continua a sfamare generazioni con il suo pane genuino, ma trasmette anche quel calore umano che lo ha sempre contraddistinto.

Ricordo il fornaio attraversare le strade del paese con il suo tre ruote carico di pane appena sfornato, mentre i bambini correvano dietro al carretto sperando in un assaggio o in una fetta calda da portare a casa. Il profumo inconfondibile riempiva l’aria, e quel gesto di portare il pane a domicilio rappresentava molto più di una semplice comodità: era fiducia, solidarietà e calore umano.

Il fornaio annotava tutto su un taccuino: le pagnotte distribuite, i nomi delle famiglie e persino i crediti per chi non poteva pagare subito. Dare il pane a chi non poteva permetterselo era un gesto di grande generosità, che incarnava lo spirito di quei tempi.

Il Panificio Cavorsi non era solo un forno, ma un punto di ritrovo, un luogo in cui tutta la famiglia lavorava insieme con passione. Ognuno aveva un ruolo ben preciso: fratelli, figli e nipoti contribuivano alla produzione, rendendo il panificio un esempio di dedizione familiare.
Per raggiungere la grande bocca del forno, si scendevano degli scalini che conducevano in un ambiente avvolto dal calore. Le lunghe pale di legno, maneggiate con cura e precisione, portavano il pane all’interno del forno a legna, dove veniva cotto con attenzione, custodendo quel tesoro croccante.

Durante le festività, la produzione si arricchiva di specialità tipiche come i taralli, i propati della zita, i cavicioni con le cipolle sponsali, gli scaldatelli e le pizze. Questi prodotti, realizzati in grandi quantità dalle famiglie, venivano portati al forno per la cottura, diffondendo nell’aria profumi inconfondibili che rendevano ogni occasione ancora più memorabile.

La Produzione di Oggi: Tradizione e Innovazione


Oggi, il Panificio Cavorsi continua a mantenere viva la tradizione, con un’attenzione particolare alla qualità e alle nuove richieste del mercato. Accanto alla produzione classica di pane, si sono aggiunti:

  • Pane con farine antiche e integrali
  • Pane con semi e grani speciali
  • Taralli e scaldatelli
  • Propati della zita
  • Dolci per la colazione
  • Pizze

La Bontà del Pane di Cavorsi


Un pane che racconta la tradizione in ogni morso: profumato, autentico e preparato con farine selezionate di altissima qualità. Il suo gusto è così squisito e unico che non ha bisogno di altro per essere apprezzato. Ogni fetta è un’esplosione di sapore genuino, una combinazione perfetta di crosta croccante e mollica morbida. Una volta assaggiato, non puoi farne a meno: è il sapore della semplicità, della cura e della passione di un tempo. Un pane che ti fa chiudere gli occhi al primo assaggio!

Il Pane di Cavorsi: Storia e Emozione


Questa è la storia del pane, di Cavorsi e di tutti noi. Un racconto che parla di fatica, amore e condivisione. E ora, mentre concludo queste righe, sento ancora il profumo di quel pane: quello che ci ha fatto crescere e che continua a regalarci il gusto della vita.
Il Panificio Cavorsi è il simbolo di un passato che non si dimentica e di un futuro che guarda avanti, custodendo l’essenza della tradizione.

Perché il pane di Cavorsi non è solo buono... è casa!

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